Una riflessione sul Corona-virus

Il Corona virus o Covid-19 è il morbo più maligno che ci sia mai stato nella storia e nella preistoria. Subdolo e rapido nel diffondersi, a differenza di altre epidemie e pandemie, anche magari più falcidiatrici (finora), ammorba e minaccia tutta la terra. Aumenterà? Diminuirà? Scomparirà, ritornando all’inferno da dove è sortito, o è venuto per stare e rimanere con noi per sempre, come ha detto in tv Ilaria Capua? Per questa maledizione o punizione di Dio o del diavolo, con chi possiamo prendercela? Con Dio stesso? Con la natura matrigna? Dio è un’ipotesi e le ipotesi possono essere, come si sa, di realtà, di possibilità e di impossibilità; invece la natura, che “a comun danno impera”, è realtà, solo realtà, e ci manda senza avarizia i suoi vasi di pandora.

Così pensano molti, certamente non senza motivo, e imprecano contro di essa, come per esempio Schopenhauer e Leoparrdi. Giustamente? Ingiustamente? Giustamente e ingiustamente insieme. Ingiustamente perché, nella natura come in Dio, il male non ha realtà sostanziale; c’è, e come! ed è inevitabile e non riscattabile; ma non deriva dalla cattiveria di un malintenzionato demiurgo, bensì dalla nostra condizione di esseri terminali prodotti dall’emanazione creativa della strapotenza dell’Essere o di Dio. Siamo, insomma, le ultime rotelle dell’ingranaggio. Essendo tali creature dell’Essere o di Dio, ne deriviamo l’origine e la sostanza, che è dunque divina, con l’attributo primario dell’ l’esistenza; ma essendo terminali, ne deriviamo anche la condizione di minuscole cellule del grande, immane organismo universale. Queste cellule che noi siamo sono costrette, nel loro stesso interesse, a sottostare alla legge dell’organismo. In virtù di questa, subiscono la legge del divenire dell’organismo e della specie, per cui mutano, ossia decadono, muoiono e sono sostituite da cellule nuove ogni sette anni, a differenza degli individui, membri della specie, che si rinnovano di generazione in generazione, come le foglie di autunno sono sostituite dalle nuove a primavera. La singola foglia, il singolo individuo, alla natura non serve se non per il servizio che rende, al dopo provvede il ricambio naturale, cioè, pur essendo ogni individuo – foglia o essere umano – assolutamente unico e irripetibile, foglia e individuo sono fungibili.  Ma anche mentre vivono, non vivono sereni  e senza difficoltà; l’individuo in particolare, di cui vogliamo qui soprattutto occuparci, vive sempre in contrasto con le condizioni di esistenza in cui è immerso e che sono, a differenza della divina origine, quasi sempre diaboliche: Ma a causa della loro fame di vita illimitata (Nietzsche direbbe: di potenza), entrano in lizza fra loro per strapparsi la materia, lo spazio e il tempo. Goethe spiega il perché nella massima 1251:

La natura riempie con la sua sconfinata produttività tutti gli spazi. Consideriamo soltanto la nostra terra: tutto quello che chiamiamo cattivo, infelice, proviene dal fatto che essa non può dare spazio a tutte le creature, e ancor meno può conferire loro durata.

Dunque il male viene qui (e spesso) dal bene, perché la sconfinata creatività della natura in sé è bene, come è bene in sé (anche se non nella sua conseguenza: homo homini lupus) anche la fame di vita, cioè la capacità illimitata di sviluppo e di potenziamento delle creature. Molto altro male viene agli uomini dalla natura, già diabolica per Aristotele e poi per Schopenhauer, Leopardi e molti altri. Per esempio, per il fatto che la vita si nutre solo di se stessa e non di altro, i viventi sono costretti a divorarsi a vicenda, quelli che stanno sopra, nella piramide degli esseri, divorano quelli che stanno sotto, salvo eccezioni in contrario. Noi divoriamo bovini, suini ed ovini.  Dunque il male è la grandezza di Dio, ossia della struttura universale della natura, e la piccolezza degli uomini, che ci rende infinitamente subordinati. Ma il male non è solo quello che viene dalla natura esterna: uragani, inondazioni, tsunami, terremoti, eruzioni, carestie, epidemie, incendi (basta l’ultimo in Australia); è anche quello che viene dalla natura interna, dagli uomini. Da sempre gli uomini hanno cercato di procurarsi armi per i più svariati usi: la caccia, la pesca, le faide intestine e le guerre. Tra queste armi spicca da ultimo la bomba atomica, di potenza distruttiva disumana. Ma sono considerate armi anche i virus, che gli uomini inventano, non magari per vendere i vaccini che l’industria farmaceutica produce, come qualcuno dice, ma per scopi ostili. La televisione ha mostrato un laboratorio in cui, nel 2015, si sperimentarono nuovi virus, forse anche il Corona-virus. Insomma è possibile, anche se improbabile – si tratterebbe della mutazione di un virus naturale – che questo virus sia una creazione umana, poi sfuggita di mano agli uomini. È anche possibile pensare a qualcosa che sia avvenuto nei mercati cinesi. Essi rigurgitano dei più strani cibi prodotti con i più strani animali, alcuni repellenti per noi occidentali. Gli orientali sono vissuti per secoli e secoli in condizioni disperate, con inondazioni, carestie,epidemie e altri mali senza rimedio. Per questo, mentre sul piano spirituale hanno creato e abbracciato religioni nichilistiche, di rinuncia, di vuoto, di negazione del sé, sul piano alimentare si sono industriati di rendere commestibile il  possibile e l’impossibile (si nutrono di cani, insetti, pinne di squali e tante altre cose per noi “impossibili”. Il virus Corona, se non è partito dai laboratori, è partito certamente da questi mercati. Molto male, dunque, gli uomini se lo fanno da sé. Ma impariamo almeno, dall’impari lotta che stiamo affrontando con il Covid-19 su tutta la terra, la fragilità dell’uomo e il solo rimedio della solidarietà e della fratellanza, perché nessuno basta da solo a se stesso.

                                                                                              Sossio Giametta